La storia del Sangiovese
Il Sangiovese è sicuramente uno dei vitigni più importanti in Italia ed ha origini antiche e secondi ad alcuni storici risale all'età etrusca.
Le prime notizie accertate sul vitigno risalgono al 1500 e testimoniano che le radici, certamente più antiche, affondano nel territorio dell'Appennino centrale compreso tra Umbria, Marche, Romagna e Toscana.
Tuttavia non è possibile designare con certezza l'originaria area d'origine, a lungo disputata tra Toscana e Romagna.
Secondo alcuni studi genetici si sostiene una possibile origine più a sud, visto che il Sangiovese sembrerebbe derivare da un incrocio tra il Ciliegiolo ed un vitigno minore della Campania che potrebbe essere il Calabrese Montenuovo oppure il Palummina Mirabella.
La prima descrizione di un vitigno detto Sangiovese o Sangiogheto ci perviene da Gianvettorio Sederini nel 1590 che lo definisce "vitigno sugoso e pienissimo di vino...che non fallisce mai".
Verso la fine del 1600, il pittore Bartolomeo Bimbi dipinge una tela in cui raffigura una varietà di uva detta Sangioveto (oggi la tela è esposta nella galleria Palatina di Firenze). Più tardi è Trinci a presentare il vitigno utilizzando questa volta il termine San Zoveto, dando inizio a una sequenza di studi e citazioni che si susseguono negli anni.
Nell'Ottocento il Sangioveto inizia a essere catalogato in associazione ad aggettivi diversi (comune, forte, romano, ...) mentre nel territorio di Montepulciano, provincia di Siena, comincia ad apparire il termine Prugnolo. Ma la storia del Sangiovese non è tutta toscana, in quanto anche in Romagna si ha notizia di un documento riguardante la vendita di Sangiovese nel 1721 ed in un documento del 1651 (conservato nell'archivio di Stato di Faenza), si registra un carico di uva Sanzuvesa. Iniziano quindi a distinguersi 2 dizioni, Sangioveto in Toscana e Sangiovese in Romagna, mentre attorno alla fine dell'Ottocento cominciano a sorgere i dubbi sulla similitudine tra Prugnolo e Sangioveto, ed in seguito su quella tra il Sangioveto e l'uva Prunello, coltivata principalmente a Montalcino, in provincia di Siena, assai somigliante al Prugnolo di Montepulciano.
La commissione ampelografica di Siena nel 1876 distingue ed assimila tra loro il Sangioveto coltivato nel Chianti, il Prugnolo di Montepulciano e il Brunello di Montalcino, e per quanto riguarda il Sangioveto annota una sottovarietà detta Sangioveto Piccolo, quest'ultima simile al Sangiovese di Forlì.
Negli ultimi 100 anni sono emerse più di 50 denominazioni di Sangiovese utilizzate da storici ed ampelografi per distinguere biotipi differenti dello stesso vitigno.
Successivamente l'istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, dopo vari studi e ricerche, ha concluso che si può distinguere il vitigno in 2 grandi gruppi:
- Sangiovese Piccolo
- Sangiovese Grosso
dove la differenza sta nella maggiore o minore grandezza dell'acino.
Del gruppo Sangiovese Grosso appartengono, sebbene con caratteristiche morfologiche differenti, il Brunello di Montalcino, il Sangiovese Grosso di Lamole, il Sangiovese Montanino, il Sangiovese Romagnolo, il Sangiovese Marchigiano e il Nielluccio coltivato in Corsica.
Le prime notizie accertate sul vitigno risalgono al 1500 e testimoniano che le radici, certamente più antiche, affondano nel territorio dell'Appennino centrale compreso tra Umbria, Marche, Romagna e Toscana.
Tuttavia non è possibile designare con certezza l'originaria area d'origine, a lungo disputata tra Toscana e Romagna.
Secondo alcuni studi genetici si sostiene una possibile origine più a sud, visto che il Sangiovese sembrerebbe derivare da un incrocio tra il Ciliegiolo ed un vitigno minore della Campania che potrebbe essere il Calabrese Montenuovo oppure il Palummina Mirabella.
La prima descrizione di un vitigno detto Sangiovese o Sangiogheto ci perviene da Gianvettorio Sederini nel 1590 che lo definisce "vitigno sugoso e pienissimo di vino...che non fallisce mai".
Verso la fine del 1600, il pittore Bartolomeo Bimbi dipinge una tela in cui raffigura una varietà di uva detta Sangioveto (oggi la tela è esposta nella galleria Palatina di Firenze). Più tardi è Trinci a presentare il vitigno utilizzando questa volta il termine San Zoveto, dando inizio a una sequenza di studi e citazioni che si susseguono negli anni.
Nell'Ottocento il Sangioveto inizia a essere catalogato in associazione ad aggettivi diversi (comune, forte, romano, ...) mentre nel territorio di Montepulciano, provincia di Siena, comincia ad apparire il termine Prugnolo. Ma la storia del Sangiovese non è tutta toscana, in quanto anche in Romagna si ha notizia di un documento riguardante la vendita di Sangiovese nel 1721 ed in un documento del 1651 (conservato nell'archivio di Stato di Faenza), si registra un carico di uva Sanzuvesa. Iniziano quindi a distinguersi 2 dizioni, Sangioveto in Toscana e Sangiovese in Romagna, mentre attorno alla fine dell'Ottocento cominciano a sorgere i dubbi sulla similitudine tra Prugnolo e Sangioveto, ed in seguito su quella tra il Sangioveto e l'uva Prunello, coltivata principalmente a Montalcino, in provincia di Siena, assai somigliante al Prugnolo di Montepulciano.
La commissione ampelografica di Siena nel 1876 distingue ed assimila tra loro il Sangioveto coltivato nel Chianti, il Prugnolo di Montepulciano e il Brunello di Montalcino, e per quanto riguarda il Sangioveto annota una sottovarietà detta Sangioveto Piccolo, quest'ultima simile al Sangiovese di Forlì.
Negli ultimi 100 anni sono emerse più di 50 denominazioni di Sangiovese utilizzate da storici ed ampelografi per distinguere biotipi differenti dello stesso vitigno.
Successivamente l'istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, dopo vari studi e ricerche, ha concluso che si può distinguere il vitigno in 2 grandi gruppi:
- Sangiovese Piccolo
- Sangiovese Grosso
dove la differenza sta nella maggiore o minore grandezza dell'acino.
Del gruppo Sangiovese Grosso appartengono, sebbene con caratteristiche morfologiche differenti, il Brunello di Montalcino, il Sangiovese Grosso di Lamole, il Sangiovese Montanino, il Sangiovese Romagnolo, il Sangiovese Marchigiano e il Nielluccio coltivato in Corsica.